di Gianandrea de Antonellis
Cento pagine di sentenze su aristocrazia, cavalleria e nobiltà, tratte da opere di circa 200 autori, dai più antichi ai nostri contemporanei, selezionate da Tommaso Romano. Talvolta si tratta di riflessioni più lunghe ed approfondite, talaltra di semplici frasi che hanno il sapore dell’aforisma (viene segnalato l’autore, ma non l’opera e quindi non è immediatamente riscontrabile il contesto dal quale sono estratte). Non si tratta di una mera esaltazione (ve ne sono alcune particolarmente amare: «La nobiltà e i poveracci hanno molto in comune, ma non lo sanno» o «Necessità abbassa nobiltà», quest’ultima di Giovanni Verga) e l’insieme delle considerazioni, tenendo conto dell’autorevolezza dei loro autori (filosofi, pensatori, scrittori di ogni epoca), fa riflettere sull’appiattimento dei costumi nella società attuale. Chiude il florilegio una gustosa pagina di Tommaso Romano, assiso ad un tavolino dell’immaginario “Café de Maistre”, elegante “fortino intellettuale” in cui rinchiudersi per continuare a vivere nonostante la volgarità dilagante. Completa il testo un saggio di Amadeo-Martín Rey y Cabieses, Tres conceptos de excelencia: Nobleza, Caballería, Aristocracia, che fa chiarezza nell’uso dei termini nobiltà ed aristocrazia, spesso utilizzati come sinonimi. La nobiltà (divisa in militare o di spada, amministrativa o di toga, finanziaria o di borsa), titolata o non, ha come unica fonte il Sovrano. L’aristocrazia è invece un termine legato all’uso del potere politico (ed economico). Quanto alla cavalleria, essa è legata agli altri due mondi e, in ambiente cristiano medioevale «il cavaliere cercava di raggiungere una serie di virtù e lottava per mantenerle e accrescerle» (p. 162). Dopo aver lamentato la decadenza degli ideali cavallereschi e nel contempo l’aumento degli ordini equestri falsi, Ray y Cabieses conclude: «I tre concetti che abbiamo considerato sono le tre facce di una stessa ed ipotetica medaglia. Sono concetti di eccellenza nel comportamento umano, forme di impostare la vita nelle quali dovrebbe primeggiare il rispetto alla parola data, la bontà e la generosità, il valore ed il coraggio, la sincerità ed il rispetto della verità... e tutto ciò unito alla modestia ed all’umiltà del cuore. Le élites devono esserlo più per quello che sono che per quello che appaiono o per la corporazione a cui appartengono. Solo un comportamento degno di essere definito nobile e cavalleresco può fare onore a tale corporazione. Questa è la migliore aristocrazia, quella del potere e della bontà»